La pratica della storia vivente
Il Servizio Cittadinanza delle Donne e Culture delle differenze del Comune di Venezia in collaborazione con il Centro Culturale Candiani di Mestre e Le Vicine di casa, organizza:
La pratica della storia vivente
venerdì 26 settembre 2014 ore 17.00
Mestre - Centro Culturale Candiani
Un incontro pubblico con Marirì Martinengo, Laura Minguzzi, Marina Santini, Luciana Tavernini della Comunità di Storia Vivente di Milano, autrici con Maria-Milagros Rivera Garretas del numero monografico della rivista DWF “La pratica della storia vivente” (Trimestrale 2012, N.3Luglio-Settembre) che sarà punto di riferimento della riflessione in contesto.
Introduce l’incontro Tiziana Plebani della Società Italiana delle Storiche (SIS) e responsabile dell'Ufficio Storico-Didattico della Biblioteca Nazionale Marciana.
A partire dall’affermazione di Marirì Martinengo - “C’è una storia vivente annidata in ciascuna/ciascuno di noi” - nasce nel 2006 una modalità originale e innovativa di fare storia, una scrittura femminile della storia che, in conflitto con la pretesa oggettività del racconto storico, ne svela i presupposti ideologici e assume l’esperienza soggettiva, i ricordi personali, i racconti, i luoghi degli avvenimenti, insieme a foto, lettere, oggetti di uso quotidiano, come vere e proprie “fonti”. Tale scrittura cerca di mettere in luce i nodi irrisolti del passato, aprendolo a nuova vita e, per raccontare l’esperienza vissuta, utilizza come strumenti di lavoro l’autocoscienza del femminismo delle origini, la pietà, l’empatia, l’immaginazione.
Consapevoli che non tutto della storia si può raccontare, non tutto è spiegabile, che c’è un vuoto nella storia che non va colmato, ma accettato, interrogato, le donne della Comunità di Storia vivente si sono poste il problema delle condizioni di una libera lettura del passato che sappia portare il racconto storico a un livello tale da renderlo valido per tutte e tutti.
Come accompagnare il passato, in particolare quello delle donne, fuori dagli equivoci culturali, dalle interpretazioni preconfezionate e riduttive? Quale il nesso tra autobiografia e storia collettiva, tra vivere in prima persona gli avvenimenti e riferirli in modo tale che altre e altri possano riconoscervi parte della propria storia? Come può la politica delle donne restituire spessore e senso imprevisto al racconto del passato?
La “pratica” della storia vivente, che non va confusa con la semplice autobiografia né con la storia orale, mostra che il passato non è irreversibile: si può tornare indietro nel tempo per raccogliere ciò che era stato dimenticato; si può restituire giustizia, dando nome, visibilità, rimettendo in gioco nel presente ciò che era stato perduto o fatto dimenticare a forza. Tale pratica consiste nell’impegnarsi a non gettare via pezzi significatividella propria storia, superando il bisogno di rivincita o di risarcimento nei confronti delle ingiustizie subite o delle mancate testimonianze. Fare storia significa accettare di scendere nelle “viscere del proprio tempo”, nelle zone “infernali” del passato, riportando alla luce conflitti da dipanare, antiche ferite da curare. Il racconto inizialmente è singolare, poi diventa a più voci. Si tratta di concepire la storia come fonte di forza soggettiva, non affresco “oggettivo” né ricostruzione “plausibile” dei fatti accaduti e di capire che presente e passato non sono separati rigidamente, i guadagni di libertà del passato, infatti, possono essere rimessi in circolo nella vita attuale e, viceversa, alla luce della libertà di cui si dispone al presente, si possono rileggere gli avvenimenti del passato, scoprendovi un senso imprevisto.
Storia vivente è soprattutto legata alla vita realmente vissuta da chi fa ricerca storica: questa è la storia più misconosciuta e più appassionante, la più importante. Una narrazione che, rafforzando la soggettività, dà autorità e credito alla parola pubblica femminile. Un “fare pulizia” di cui si sente l’urgenza e la necessità in questo tempo di crisi della democrazia per prefigurare una comunità di soggettività libere.