Addio Italia
Francesca Brandes incontra Gianni Favarato, autore di Addio Italia, Mazzanti libri.
Abbandonare il luogo in cui si è nati e diventare migranti per cercare una migliore vita altrove è un fenomeno che ha interessato e interessa tutta l’umanità, in qualsiasi angolo del mondo e per cause diverse: fuggire da guerre e persecuzioni, dalla fame e dalle privazioni, trovare un lavoro dignitoso e affermarsi.
L’Italia e anche il Veneto ne sanno qualcosa. Alla fine dell’Ottocento milioni di italiani delle regioni settentrionali oppressi da miseria, ignoranza e malattie hanno abbandonato l’Italia appena riunificata da Garibaldi per raggiungere le Americhe e cercare una vita migliore. Un’emigrazione organizzata di massa, dimenticata dai libri e dalla cinematografia, concentrate piuttosto su quel che accade dopo l’arrivo nelle Americhe delle ondate di emigranti italiani successive alla Prima e Seconda Guerra, tralasciando così di raccontare come maturò in loro l’idea di andarsene “al di là del mare” e quanto dovettero lottare per poter espatriare.
“L’emigrazione, la risorsa che da sempre apre scenari nuovi all’esperienza umana, e
anche all'umana speranza, si presentò come un’opportunità a cui moltissimi si rivolsero come alla sola possibilità di sfuggire alla vita grama_ scrive Gianfranco Bettin nella prefazione del romanzo _. Furono milioni a partire, e andarono lontano, soprattutto nelle Americhe. Attualmente nel mondo i sono più persone di origine veneta di quante ne vivano oggi nella nostra regione. Addio Italia racconta l’epopea di quell’esperienza sconvolgente sia per chi partiva che per chi restava, il fatale distacco dal suolo natio e, con esso, evoca il passato il futuro e il presente di tutti i migranti di tutte le epoche e di tutti i continenti”.
Il romanzo di Gianni Favarato è ambientato nel 1889, in un piccolo municipio della profonda campagna veneta. Racconta una storia del nostro passato che ci aiuta a capire il presente, gli immigrati africani che vengono in Italia sui barconi e gli italiani che ancora oggi continuano ad emigrare, anche loro in cerca di una vita migliore.
I protagonisti sono gli abitanti di Porto Casale: paese: i miserabili contadini senza terra e i loro; i piccoli artigiani sull’orlo del fallimento e gli imbonitori e agenti brasiliani che reclutavano famiglie di contadini con l’aiuto dei loro apparecchi di “illusione ottiche”; i grandi proprietari che non volevano perdere manodopera a basso prezzo e i loro aguzzini; lo strozzino che gestiva bordelli e ricattava ricchi e poveri; il parroco bigotto che additò gli emigranti come fossero degli indemoniati e un frate benedettino che invece li benedisse; il sindaco e avvocato che cercò fino all’ultimo di non farli partire; l’oste amico di tutti che ospitò il sensale e il suo spettacolo con una lanterna magica; il maestro che si illudeva di poter sradicare l’analfabetismo; il medico condotto garibaldino che combatteva la Pellagra; i carabinieri integerrimi ma comprensivi, il professore socialista al confino e gli esuli anarchici che volevano costruire in Brasile la “città ideale” di Tommaso Moro.
A ispirare questa storia è stata la contagiosa curiosità dei nostalgici discendenti degli emigranti veneti, trentini e lombardi di fine Ottocento che popolano il Brasile e sono concentrati negli stati di Espirito Santo, Paranà, Santa Catarina, San Paolo e Rio Grande do Sul. I personaggi e gli eventi nascono dagli scarni ricordi lasciati dai loro trisnonni e da pubblicazioni e documenti d’archivio consultati in Brasile e in Italia.
Gianni Favarato, laurea in scienze politiche e sociali, giornalista professionista del gruppo Espresso/Repubblica. Nel 1992, dopo alcuni anni di corrispondenza dal Brasile ha pubblicato
con l’editore Giunti il volume “Amazzonia Labirinto Verde”.
Ha inoltre pubblicato, insieme ad altri due giornalisti, con la casa Editrice Nuova Dimensione, due libri-inchiesta sul processo per le "morti bianche" al Petrolchimico (con la prefazione di Dario Fo) e sul futuro di Porto Marghera.