Passeggiata musicale, piccoli concerti simultanei.
Quadri, figure, figurini. Un susseguirsi di “immagini musicali”, di piccoli atti unici legati tra di loro dal meccanismo dell'associazione mentale, della citazione, delle scatole cinesi, o molto più semplicemente da un accordo in Si bemolle.
La Bandakadabra, estrosa formazione di fiati e percussioni torinese, una “fanfara urbana” secondo l’efficace definizione di Carlin Petrini, nata sulla strada, in mezzo alla gente che si sa, in quelle situazioni, è tutta da conquistare, fa un ulteriore passo avanti nella sua carriera e si cimenta in uno spettacolo comico-teatral-musicale dai toni vagamente surreali e dadaisti, capace, all’occasione, di abbattere la quarta parete e creare un flusso di comunicazione con gli spettatori seduti in platea.
A fare da fil rouge naturalmente la musica, l’unica capace di unire immaginari, situazioni e temi tra loro apparentemente inconciliabili: un riferimento alle atmosfere western e alle colonne sonore di Ennio Morricone si trasforma presto in un brano dei Beatles che a sua volta diventa l'occasione per riflettere ironicamente sulla “tossicità” degli smartphone e sulla sfortunata vita amorosa dei musicisti di “insuccesso”.
Ma tutto, qui, è anche un qualcos'altro: gli strumenti “suonano” ma posso diventare oggetti di scena, la musica non è solo da ascoltare ma anche da vedere. In questo continuo gioco di rimandi e mutamenti, i “figurini” della Bandakadabra provano sempre a costruire un dialogo con il pubblico, perché lo spettacolo sia anche un’occasione per scambiarsi qualcosa. Proprio come si faceva da bambini, giocando con le figurine, quando sui “celo celo, manca” si costruivano amicizie indissolubili e grandi passioni”.
Vigonovo
6 settembre, 21.30
15 settembre, 21.00
Alice nel paese delle meraviglie
La celebre e senza tempo storia di Carroll , che racconta della piccola Alice e dei suoi viaggi nel Paese delle meraviglie, viene riproposta in una versione inedita dove un narratore accompagna i bambini a conoscere il viaggio di Alice. Alice incontrerà tutti i personaggi a cui grandi e piccini sono legati: il Cappellaio Matto e la Lepre Marzolina, il Brucaliffo, il Ghignagatto e la temibile Regina di cuori. Il narratore oltre a raccontare interagisce con la storia suonando lui stesso con vari tipo di strumenti le musiche e i suoni che accompagnano il viaggio. Questo per avvicinare i ragazzi a più livelli di interazione: quello visivo, con la parte recitata,quello comprensivo, con le spiegazionidl narratore e quello uditivo associando gli strumentia movimenti e situazioni particolari della trama. Gli attori reciteranno con delle maschere per rendere il più reale e magico possibile la resa dei vari personaggi.
Scorzè
18 settembre ore 17.00
CRA CRA... e altre storie di animali ovvero le storie che viaggiano
Fiabe dunque. Le fiabe sono tornate, quelle di tradizione popolare, anzi le fiabe etniche, come qualcuno arditamente le definisce.
È stata anche la trasformazione rapidissima dell'Italia (una metamorfosi davvero, come nelle fiabe) con la presenza ormai stabile di donne, uomini, bambini provenienti da paesi e culture lontanissime, ad alimentare questa fame di fiabe.
La loro origine si è persa nel tempo, ma sono ugualmente arrivate fino a noi attraverso la tradizione orale. Il loro è stato un lungo viaggio fra le culture del mondo, per poi arrivare ad essere un grande patrimonio
mondiale.
Cenerentola, il gatto con gli stivali, Pollicino, sono infatti il primo esempio di interculturalità; le troviamo in ogni angolo del mondo.
La prima Cenerentola si pensa sia nata in Cina e la notte del ballo
portava ciabattine infradito; in Marocco indossava zoccoletti; in
Europa scarpette di cristallo o vetro.
Da queste ed altre riflessioni nasce questo progetto, l'idea di
raccontare storie del mondo utilizzando:
tecniche di narrazione tipiche della tradizione dei cantastorie, dei
griot, delle nonne o dei vecchi saggi dei paese più lontani;
suoni, rumori, odori, strumenti musicali caratterizzanti la tecnica
narrativa di questo o quel paese.
Un viaggio che non mancherà di stupire, divertire, commuovere,
apprezzare la grande ricchezza delle diversità.
Fiesso D'Artico
24 settembre ore 20.00
Il 15 agosto 1521, Angelo Beolco detto “Ruzante” si reca con Alvise Cornaro, suo mecenate e “datore di lavoro”, presso il Barco di Altivole, ex residenza di Caterina Cornaro (ultima regina di Cipro), per un grande ricevimento dato in occasione della visita del cardinale Marco Cornaro, vescovo di Padova dal 1517 mai fisicamente insediatosi nella diocesi patavina.
L’occasione è ghiotta per andare a reclamare la presenza del vescovo a nome di tutta la città di Padova. Ruzante non se la lascia scappare e il giorno di Ferragosto pronuncia davanti al cardinale una mirabile orazione, chiamata poi Prima Orazione, che negli anni, alla prova scenica si è rivelata un magistrale monologo teatrale.
Al porporato Ruzante descrive le bellezze del contado pavano (i possedimenti del vescovado), ne esalta la lingua e le bellezze femminili e, con iperboli ardite, richiede al cardinale (in modo alquanto rivoluzionario per l’epoca) il mutamento delle leggi canoniche che regolano la vita dei contadini. Oltre a ciò l'Oratione intendeva soprattutto proporsi come polemica contro la sterile erudizione accademica, attraverso l’uso di un linguaggio, quello dei villani, che rifaceva il verso alle pompose orazioni che qualche giorno prima le autorità padovane avevano rivolto al Cornaro stesso.
Nel cinquecentenario di questa orazione civile, Theama ripropone l’Orazione, ma con una visione moderna, quasi contemporanea, con un linguaggio addolcito rispetto alla stesura originale e con il contributo sulla scena di una voce “accademica” che in sinergia rappresentativa con l’attore sul palco, riporta una serie di precisazioni e curiosità sull’orazione, per ricontestualizzarne la forza evocatrice civile e teatrale. La prima Orazione viene integrata con estratti da i dialoghi ruzantiani, e da un estratto de “la lettera all’Alvarotto”. I testi a corollario completano la descrizione della poetica ruzantiana e conferiscono alla produzione un carattere ora drammatico ora scanzonato, fornendo una panoramica completa sulla visione di Angelo Beolco relativamente alla vita, alla società, ai costumi, agli uomini. Un’operazione artistica che restituisce dignità al teatro ruzantiano e nello stesso tempo ne aumenta la comprensibilità senza svilirlo nell’uso della lingua, motore sublime del repertorio di uno dei drammaturghi che hanno rivoluzionato il teatro moderno.