La Scimmia
Venerdì, 15 Dicembre, 2023
testo originale di Giuliana Musso
liberamente ispirato al racconto Una relazione per un’Accademia di Franz Kafka
traduzione e consulenza drammaturgica di Monica Capuani
musiche originali composte ed eseguite da Giovanna Pezzetta
movimento a cura di Marta Bevilacqua
assistente alla regia Eva Geatti
direzione tecnica Claudio Parrino
costumi Emmanuela Cossar
trucco Alessandra Santanera
produzione musicale Leo Virgili
costruzione elementi scenici Michele Bazzana
assistente alla produzione Miriam Paschini
foto Adriano Ferrara, Manuela Pellegrini
produzione La Corte Ospitale
coproduzione Operaestate Festival Veneto
con il sostegno del Teatro Comunale Città di Vicenza (progetto Residenze 2018 - We art 3)
consulenza scientifica Valeria Vianello Dri, Annamaria Rossetti, Giovanna Bestetti
un particolare ringraziamento a Tiziana De Mario, Annalisa Carrara, Anna Periz, Paolo Nicli, Compagnia Arearea, Damatrà Onlus, Comune di Premariacco
Un essere per metà scimmia e per metà uomo appare sul palcoscenico. È un vero fenomeno: un animale che parla, canta e balla. Un buffone, un mostro comico. È nato dalle ferite dell’anima di Franz Kafka, nel 1917, mentre i nazionalismi facevano tremare le vene
dell’Europa. Rivive oggi, dopo cent’anni, in una nuova riscrittura di Giuliana Musso, con una più forte consapevolezza politica ed esistenziale.
Si rivolge ad un auditorio di illustri Accademici, all’alta società del pensiero e della scienza e racconta la sua storia. Scimmia libera, unica sopravvissuta di una battuta di caccia, catturata, ingabbiata e torturata, non può fuggire e per sopravvivere alla violenza sceglie l’adattamento: imita gli umani che l’hanno catturata, impara ad agire e a ragionare come loro.
La scimmia dunque deve dimenticare la vita nella foresta, rinunciare a sé stessa, ignorare la chimica del proprio corpo e così imparare. Imparare il nostro linguaggio. Imparare ad ignorare l’esperienza, a pensare senza sentire. La Scimmia è il racconto di una strategia di sopravvivenza che prevede la perdita di sé stessi e del proprio sentire nel corpo. È la descrizione di un’iniziazione inevitabile alle solite vecchie regole del gioco del patriarcato, che impone la rinuncia all’intelligenza del corpo, al sapere dell’esperienza e dell’emozione. Si tratta di una rinuncia drammatica: senza quella voce interiore, integra e autentica, come si può esprimere l’intelligenza empatica così indispensabile alla sopravvivenza del vivente?
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