Out of Sight. Marina Ballo Charmet e Walter Niedermayr
Marina Ballo Charmet e Walter Niedermayr
OUT OF SIGHT
Mostra a cura di Gabi Scardi
Inaugurazione: sabato 15 ottobre 2022 alle 17.30
Sede: Palazzetto Tito, Dorsoduro 2826 30123, Venezia
Apertura: dal 16 ottobre al 4 dicembre 2022
Orari: da mercoledì a domenica, dalle 10.30 alle 17.30
Ingresso: libero
Per informazioni: 041 5207797, info@bevilacqualamasa.it
Iniziativa realizzata con il contributo della Regione del Veneto
LR n.17/2019
Dal 16 ottobre al 4 dicembre 2022 la Fondazione Bevilacqua La Masa presenta negli spazi di Palazzetto Tito la mostra Marina Ballo Charmet e Walter Niedermayr. Out of Sight, a cura di Gabi Scardi.
La mostra comprende opere realizzate da Marina Ballo Charmet e Walter Niedermayr, singolarmente o a quattro mani.
Il percorso espositivo si concentra infatti intorno ad alcuni elementi tematici rilevanti per entrambi gli artisti e ricorrenti nell’ambito delle loro ricerche: il senso del luogo; lo spazio istituzionale come dimensione altra; la sua architettura e la relazione che con essa l’individuo può istituire. Più in particolare le opere esposte riguardano gli ambienti caratterizzati da un nascondimento sistemico e normativo, a partire dai più emblematici: il carcere e l’ospedale. Intorno a questi temi, su cui i due artisti si sono trovati, in momenti diversi, a convergere, ruota una costellazione di concetti quali tempo, soglia, dentro e fuori, limite e margine; e poi la cura nelle sue diverse accezioni, l’infanzia e il rapporto che con essa l’adulto può avere.
Perno della mostra è Casanza, importante progetto di carattere sociale voluto e sostenuto dalla Fondazione Bevilacqua La Masa, realizzato all’interno della Casa di reclusione femminile alla Giudecca, nell’arco del 2022. L'intervento si è svolto in diversi spazi della struttura carceraria e nell’orto biologico del carcere curato dalle stesse detenute in collaborazione con la cooperativa veneziana Rio Terà dei pensieri, una realtà sociale che gestisce l'orto delle Meraviglie dal 1994 e che opera nei due carceri, gestendo diversi progetti di inserimento lavorativo.
Nell’opera, consistente in una videoinstallazione a due canali, ci si interroga sul rapporto dell’individuo e della comunità con l’elemento naturale inteso come antidoto e veicolo di un possibile benessere anche in situazioni di ristrettezza organizzata. “Cosa significa per le donne essere detenute in questa struttura che consiste in spazio di movimento, spazio creativo, spazio esteso, spazio di lavoro sulla natura e la terra, spazio di comunicazione e molto altro? Nel rapporto con la natura - e nel prendersi cura e coltivare - è possibile per la detenuta creare aperture rispetto alla vita di costrizione? E ancora, si può stabilire una relazione intensa con la natura che può in qualche modo costituirsi come trasformativa del sé?” si chiedono gli artisti con questo progetto.
Il video è stato girato principalmente all’aperto, nell’orto della Casa di reclusione, riprendendo le donne nella loro quotidianità di lavoro; ma conduce il visitatore anche nella grande corte, lungo le facciate interne dell’edificio con le loro finestre barrate, e infine nei lunghi corridoi su cui si affacciano le stanze.
Dalle immagini si evince come il lavoro a contatto con la natura - sebbene intramuraria – e l’esposizione alle sue leggi inalienabili, costituisca un’alternativa alla regola, agli schemi di relazione e al linguaggio del carcere; consenta all’individuo di sottrarsi temporaneamente all’effetto del luogo, generando un senso di alleggerimento, un momentaneo ripristino della centralità del corpo, della sua espressività, dell’integrità della persona.
Oltre al soggetto, nella videoinstallazione rivestono grande importanza le modalità di ripresa, la luce, il tempo e il ritmo, il rapporto con lo spazio. Come in tutta l’opera di Ballo Charmet e Niedermayr, il linguaggio filmico e fotografico riveste insomma il ruolo di principale portatore di senso nel rivelare il rimosso della realtà.
Il processo di lavoro, durato alcuni mesi, ha visto fasi di cooperazione e di dialogo con le donne nel carcere. Ne è originata una serie di fotografie in cui le signore stesse hanno fotografato l’ambiente o si sono ritratte reciprocamente. Queste immagini, con le loro implicazioni in termini di soggettività sociale, confluiscono nella mostra, di cui costituiscono parte integrante.
Oltre al progetto Casanza la mostra Out of Sight comprende opere precedentemente realizzate dai due artisti. Tra le altre il video a quattro mani Agente Apri, la videoinstallazione Tatay e il video Frammenti di una notte di Ballo Charmet, e alcuni dittici e trittici fotografici del filone Raumfolgen di Walter Niedermayr.
La mostra sarà accompagnata da una pubblicazione di approfondimento e da una serie di incontri nell’ambito dei quali le principali tematiche sollevate dalle opere verranno sviluppate da personalità afferenti a discipline diverse.
La BLM, in qualità di Istituzione pubblica, sostiene i progetti che hanno al centro la comunità cittadina e il territorio di riferimento, attraverso ricerche artistiche sperimentali, intimamente connesse al tessuto sociale e alla realtà peculiare della città di Venezia, a testimonianza della ricchezza delle esperienze innovative in campi di azione raramente oggetto di investigazione artistica.
Casa di reclusione per donne della Giudecca
La Casa di reclusione per donne della Giudecca ha sede in un antico monastero, fondato probabilmente nel XII secolo che occupa un’area coperta di circa 1.000 mq. - Nel 1611 l’istituto fu posto sotto la protezione della Serenissima e divenne un ospizio per prostitute redente. La terminologia popolare semplificò ancora di più il concetto definendo "delle Convertite" il complesso religioso rieducativo e la viabilità circostante. Nel 1859 il Governo austriaco decretò l'apertura in Venezia di una casa di pena e di correzione femminile, adibendo a tale scopo proprio il Convento delle Convertite. Venne stipulato a tal proposito un contratto con l'Ordine delle Suore di Carità a cui fu affidata la gestione e la custodia delle recluse - all'epoca la Madre Superiora esercitava le funzioni di comando. Con alterne vicende durante gli eventi bellici succedutosi nel corso degli anni, il complesso ha mantenuto la sua funzione fino ad oggi. La legge di riforma del Corpo di polizia penitenziaria 1990 ha sottratto compiti istituzionali alle religiose che ancora operavano alla Giudecca. L’Istituto è costituito da vari corpi di fabbrica che si articolano sul nucleo originale formato da chiesa e convento. Il corpo anteriore si affaccia direttamente sulla Fondamenta delle Convertite. Esso ha tre ingressi: il primo al civico 711 consente l’accesso agli alloggi per il personale; il secondo al civico 712 costituisce l’ingresso della Casa di reclusione e degli uffici della Direzione; il terzo al civico 714 dà accesso all’Istituto a Custodia Attenuata Madri ICAM. Dopo la portineria principale si accede alla struttura detentiva, costituita da un piano terra che comprende gli uffici matricola, comando, servizi, sala colloqui, sala regia, conti correnti e sopravvitto, magazzino detenute, ufficio educatori e cucina detenute.
Elenco delle opere:
Oltre alla videoinstallazione a due canali Casanza e alle fotografie realizzate dalle donne coinvolte nell’interazione con gli artisti all’interno della Casa di reclusione per donne, di Marina Ballo Charmet e di Walter Niedermayr, saranno esposte opere afferenti a momenti di ricerca diversi:
Marina Ballo Charmet e Walter Niedermayr, Agente apri (2007), video realizzato nel carcere di San Vittore, Milano, dove vengono ripresi due bambini sotto i due anni mentre percorrono tutto lo spazio detentivo che li porta fino all‘uscita con le volontarie. Emerge dalle riprese in soggettiva da dietro la relazione che il bambino così piccolo ha con lo spazio di detenzione. Il titolo trae origine dall’espressione Agente apri! con cui i bambini usano richiamare l’attenzione degli agenti per poter uscire e per rientrare.
Marina Ballo Charmet, Frammenti di una notte (2004), video girato all’interno di un reparto Post Acuti dell’ospedale Sant’Agostino Estense, di Modena, durante la notte. L’opera è incentrata sulle condizioni passive dei pazienti, sul senso di sospensione, di margine, sul passaggio controllo razionale - abbandono, luce - buio. Al cuore del lavoro il tema dell’essere malato in rapporto all’istituzione, e il senso del trascorrere del tempo.
Marina Ballo Charmet, con la collaborazione di Ludovico Einaudi Tatay (2021), videoinstallazione. Tatay – “papà” in filippino – è un ambiente sonoro in cui nel buio si susseguono dodici voci di padri di paesi e lingue diversi che cantano una ninnananna al loro bambino, mentre in un video si intravede l’immagine di un padre che culla il suo piccolo. Pur facendo riferimento a un rituale di tradizionale di origini arcaiche, il lavoro evoca i mutamenti socio-culturali attualmente in corso. In particolare l’artista, attenta da sempre al tema del rapporto primario e della relazione prelinguistica, presenta il vincolo paterno in termini di accudimento e di tenerezza: una ridefinizione profonda rispetto al ruolo che l’uomo ha teso a ricoprire in tutte le culture.
Walter Niedermayr, Raumfolgen 40, 2002, dittico
Questo dittico, come anche Raumfolgen 132 di due anni successiva, rientra nell’interesse dell’artista per le istituzioni totali. Nell’opera, dedicata alla palestra di un carcere, lo spazio, dedicato alla cura del corpo si presenta tale da inibire la possibilità di espressione individuale.
Walter Niedermayr, Raumfolgen 132, 2004, dittico
il dittico rappresenta il corridoio di un carcere. Palpabile il senso di vuoto, di silenzio, di alienazione. Nell’impossibilità di istituire una relazione empatica con l’immagine, il riguardante avverte nei confronti dello spazio presentato un forte senso di estraneità; è dunque portato a fare esperienza di distanza; un’esperienza che è insieme percettiva e concettuale.
Walter Niedermayr, Raumfolgen 238, 2007, trittico
In queste immagini, realizzate nel laboratorio di genetica di un’industria chimica, tanto lo spazio quanto la figura umana sono ridotti alla funzione che svolgono, e del tutto privi di qualità emozionale.
Walter Niedermayr, Raumfolgen 289 2021, dittico
L’opera è parte di un progetto che l’artista ha avviato nel 2021 seguendo la trasformazione di una banca in museo di fotografia. Gli scatti sono stati realizzati un giorno prima della demolizione, il luogo dunque non esiste più. Niedermayr esprime da sempre un interesse per luoghi in fase di divenire, il cui aspetto resta dunque affidato esclusivamente alla fotografia. Il passaggio da banca a museo evoca inoltre una serie di riflessioni sulle implicazioni del concetto di museo, di conservazione e di valore detenuto per un utilizzo futuro.
La mostra:
Marina Ballo Charmet e Walter Niedermayr. Out of Sight.
a cura di Gabi Scardi
sede: Palazzetto Tito, Dorsoduro 2826 30123, Venezia
apertura: dal 16 ottobre al 4 dicembre 2022
orari: da mercoledì a domenica, dalle 10.30 alle 17.30
ingresso: libero
per informazioni: 041 5207797, info@bevilacqualamasa.it
sito web: www.bevilacqualamasa.it
Iniziativa realizzata con il contributo della Regione del Veneto
LR n.17/2019