giovedì 19 gennaio 2017 ore 18.00
Elisabetta Ticcò, animatrice culturale,
incontra
Simonetta Tassinari, autrice di La sorella di Schopenauer era una escort (Corbaccio, 2016)
Questo libro contiene un repertorio di esilaranti errori di geografia, storia e filosofia pescati dalla quotidianità, e analizza le principali strategie messe in atto dagli studenti per far credere al professore che si sa quel che, invece, si ignora. La sua particolarità sta nel fatto che è aggiornato all’ultima ora, sia nel caso degli errori (alcuni dei quali impensabili se non ai nostri giorni) che degli stratagemmi usati per superare l’anno scolastico senza affaticare i neuroni. Ai mezzi tradizionali si sono infatti aggiunti i nuovi inganna-prof: gli smartphone, che permettono di accedere a Wikipedia, la fonte preferita dei ragazzi, o a siti fatti apposta per loro. Ma «La sorella di Schopenhauer era una escort» è anche il ritratto affettuoso e divertente della generazione smartphone-munita, che cerca affannosamente di cavarsela a scuola in una specie di lotta per la sopravvivenza non dissimile da quella del manager che tenta di imporsi, nell’eterno antagonismo tra chi giudica e chi dev’essere giudicato. Limitandosi semplicemente ai risultati si direbbe che le nuove tecniche abbiano più che altro moltiplicato le possibilità di sbagliare, e che non si sia mai sbagliato (nei nomi, nei fatti, nei concetti, nell’ortografia) così tanto come adesso. Eppure siamo davvero sicuri che gli alunni attuali siano peggiori di quelli che li hanno preceduti? Chi non ha mai detto almeno una volta ai suoi figli, “quando andavo a scuola, io…”? Invece, gli alunni di ogni epoca si somigliano.
giovedì 26 gennaio 2017 ore 18.00
Alessandro Naccarato, componente commissione parlamentare antimafia
incontra
Francesco Trotta, autore di Confiscateli. Storie di mafie e di rinascite (Falco editore, 2016)
Parlare di mafie non è mai semplice, ancor meno lo è parlare di antimafia, vero e proprio terreno minato, sotto la cui “bandiera” spesso si annidano interessi e si aggirano personaggi poco limpidi, attratti dal potere e dal prestigio che conferisce l’appartenenza a un determinato schieramento. La mafia, sistema di potere, si annida nei gangli dello Stato e oggi, in un momento storico assai delicato e comunque unico, ci si è accorti, forse tardi, che anche la cosiddetta antimafia è stata “infiltrata” dagli uomini d’onore. Dalle cooperative alle associazioni, dai fondi pubblici ai beni confiscati. Non c’è nulla che apparentemente si possa salvare dai tentacoli di Cosa Nostra, ’Ndrangheta o Camorra. Dalla Sicilia fino alla Lombardia o al Veneto, i beni confiscati alle mafie sono ovunque e quasi non si sa di averli. I beni confiscati sono oggi degli avamposti di un qualcosa che si fa fatica a progettare. Eppure potrebbero essere una leva per far crollare le fondamenta dei feudi mafiosi. Per questo, quella dei beni confiscati è una partita che fa gola a molti. Ma che si deve vincere. Solo in questo modo quello che è un “fenomeno umano” – così diceva Giovanni Falcone della mafia – avrà una fine.
Francesco Trotta (Treviso, 5 gennaio 1986) si laurea in Storia Contemporanea all’Università Ca’ Foscari di Venezia, svolge poi il Master Criminologia critica, prevenzione e sicurezza sociale all’Università degli Studi di Padova, infine consegue la laurea magistrale in Criminologia applicata per l’investigazione e la sicurezza all’Università Roberto Ruffilli di Forlì. Ha collaborato con SAO (Saveria Antiochia Osservatorio Antimafia) a Milano e altri network indipendenti. Attualmente collabora con il Centro Internazionale Civiltà dell’Acqua a Venezia ed è cofondatore della Start up Cosa Vostra, per cui si occupa di tematiche inerenti il contrasto alle mafie.
giovedì 2 febbraio 2017 ore 18.00
in collaborazione con la Casa della Cultura iraniana
Raccontare l'Afghanistan: sguardi e storie.
Incontro con Gholam Najafi, Carla Dazzi e altri testimoni dell'Afghanistan coordinato da Reza Rashidy
Carla Dazzi, fotografa e volontaria dell’ong “Insieme si può …” presenta un video frutto di quindici anni di viaggi per la difesa dei diritti delle donne in Afghanistan. È un omaggio “alla parte di società civile afghana che purtroppo non ha voce nel nostro mondo”. “L’Afghanistan non è solo guerra [...] esiste anche un altro Afghanistan di cui si parla poco, un paese di donne e uomini che, pur vivendo dentro i conflitti, cercano soluzioni alternative a quelle basate sui rapporti di forza e l’uso della violenza.” Gholam Najafi autore di “Il mio Afghanistan” arrivato nel suo “nuovo paese” come minore straniero e richiedente asilo, racconta la sua storia di fuga e accoglienza, la fortuna e la fatica del riscatto e la ricostruzione della nuova identità. “Non è da dove vieni che segna il tuo destino. Non è la destinazione che ti dai che ti rende vivo. Ma come vivi la vita, come la progetti passo dopo passo, dandole fiducia”.