La danza di Materica evoca il risiedere nel corpo umano di quel luogo-emblema della materia stessa, una materia pensante, abitata e ribelle che spesso sfugge e delude definizioni e categorie logiche. Nato come indagine sulla forza e sulla contrapposizione, lo spettacolo scopre nella linea di contatto e collisione tra due corpi distinti e separati la matrice del nuovo, che è unione e creazione.
La scelta si ripercuote in ambito stilistico in una danza che non danza, una coreografia di azioni che ricerca nella frenesia del flusso, l‘immobilità e nell‘opposizione di forze, la stasi. Il virtuale è il bisturi creatore dell’ibrido in cui il corpo dialoga con immagini che altro non sono che pezzi di sé e continua, anche diviso, a trasmettere il senso riposto dell‘unità del tutto.
«È dunque l'universo uno, infinito, inmobile. Una, dico, è la possibilità assoluta, uno l'atto, una la forma o anima, una la materia o corpo, una la cosa, uno lo ente, uno il massimo ed ottimo; il quale non deve posser essere compreso; e però infinibile e interminabile, e per tanto infinito e interminato, e per conseguenza inmobile.» Giordano Bruno